domenica 4 novembre 2018

L’alchimia della parola. Guglielmo Peralta, “Soaltà” e “Sognagione”
3 luglio, 2010 in letteratura contemporanea,
di Francesco Sasso

Poeta incantato, Guglielmo Peralta è autore di due silloge, Soaltà (Palermo, Francesco Federico editore, 2001) e Sognagione (Palermo, The lamp Art Edition’s, 2009), colme di joie de vivre, in cui talvolta si avverte anche il fremito di un latente dolore.

Scrive l’autore nella RAP-PRESENTAZIONE, sorta di manifesto personale:

«La Soaltà è terra vergine che molto promette al suo poeta-contadino. Approdo a questa terra ogni volta che smetto di pormi domande impenetrabili […] E un innesto è soaltà nata dal “sogno” e dalla realtà. Essa risolve nel rapporto di equivalenza l’opposizione tra i due termini antonimici costituendo con la realtà un nuovo dualismo che è, tuttavia, libero da contraddizioni» (Soaltà, pp.14-15).

A Guglielmo Peralta spetta soprattutto il merito di aver vivificato il linguaggio con espressioni personali, riaccendendo la lingua parlata, attingendo alle fonti del romanticismo, senza tuttavia abbandonare la ricerca di una limpida semplicità e l’invenzione/scoperta inesauribile del neologismo. Per esempio, il neologismo soaltà deriva dalla combinazione di sogno e realtà, mentre Sognagione vuol significare “piantagione (o stagione) dei sogni”.

SOALTA’: «Un altro cielo / è il sogno che attraverso / a ridosso delle stelle / e quest’ombra / che adesso mi conduce / è una luce infinita… / la soaltà senza tempo» (Soaltà, p.25)

Il poeta affida il valore della poesia alle rivelazioni dell’irrazionale, dando così sfogo all’alchimia della parola, fidando dei sogni e nelle visioni del cielo notturno, come nelle fonti di una verità parallela all’umana esistenza, le cui apparenze consuete possono essere superate solo per via della poesia.

FLATUS VOCIS: «Io celebro la voce che si leva / all’altezza del Suono / e celebro il tuono / che da costola di luce si scuote / senza fiato né tromba // Di tante nascite che ci appartengono / estranea è la nascita del Suono / Il suo volo non colma / la misura del cielo / eppure eguaglia / simile a sparviero / la discesa alare della divinità» (Soaltà, p.33)

La poesia di Guglielmo Peralta riflette il sereno equilibrio spirituale raggiunto attraverso l’assidua frequentazione della poesia di Novalis e della poesia mistica cristiana. La sua poetica dell’oggetto poi si trasfigura incessantemente in luce, canto ascetico e visione profetica.

FUORI SCENA: « Destiamoci / al sogno / per crescere in / visibilità // Coltiviamo / sulla scena / il suo seme / di luce / affinché / il canto / fiorisca / tra gli applausi / e il mondo / apra gli occhi / allo stupore» (Sognagione, p.10).


 

Sognagione di Guglielmo Peralta

recensione di Tino Traina

 

Ecco una silloge poetica per chi volesse entrare in un mondo in cui la parola somiglia ad una danzatrice vestita di drappi multicolore, qua e là saltellante in multiforme iridescenza, in cui soli abbaglianti e cieli notturni stellati si fondono in una atmosfera di continua tensione Spirituale. Atti creativi di “accensioni spirituali e vibratilità percettiva” come felicemente li definisce Franca Alaimo nella sua luminosissima prefazione.

Il mondo che il Poeta qui vuole esprimere non può avvalersi del canone usuale della scrittura connotativa del linguaggio poetico che, di norma, usa poco il neologismo rispetto agli strumenti della retorica figurata, quella retorica cioè che utilizza la parola come quegli utensìli a manico fisso (il significante) e punta mobile (il significato) in modo da traslare e ampliare metaforicamente significato e senso. In Sognagione c’è una vera e propria “ tracimazione del cuore e dell’intelletto”, come ancora felicemente denota Franca Alaimo, ed è proprio il neologismo, prevalentemente sintattico, a farla da dominatore: soaltà, soale, agricantore, agricante, neurostelle, cielificazione, in una temperie che intreccia e diluisce ossimori, sinestesie, analogie, allegorie, di un mondo surreale dove frutti di luce sonori, polifonie di s-guardi, alberi di sogni il cui linguaggio è una vendemmia di stelle, si alternano a disegni colorati dall’acceso simbolismo di speranze, di rinascite, di ritorni a stati di purezza e di rivelazione nella sofferenza “fino alla croce” da cui sgorghi la parola “quella ribattezzata nella sacra luce //del sogno”

Poesia dalla forte simbologia mistica e dal forte afflato di una cristianità improntata alla Buona Novella del Cristo Redentore, alla ricerca dei “poeti del pane e del vino”, da una visione quindi religiosa di ascensione mistica, ma anche a tratti romantica, di quel romanticismo che la preghiera, le ritualità propiziatorie, apotropaiche offrono a chi anela al recupero mitico degli archetipi di una socialità fraterna, solidale, amorevole, ma che si accosta con incredibile naturalezza ad una Poesia tra le più avveniristiche, quella della Soaltà, dove sogno e realtà si interiorizzano nella purezza di un’indole spiritualizzata e spiritualizzante.