Tino Traina
IL TEATRO DELLA SOALTÀ DI GUGLIELMO PERALTA
Se Guglielmo Peralta non avesse intrapreso la strada indicatagli dalla sua vocazione di poeta-filosofo o filosofo-poeta, a seconda dell’argomento in cui ha deciso di impegnarsi, avrebbe sicuramente intrapreso la carriera di chirurgo oculista con sala operatoria “dietro le quinte dell’occhio”, dove viene estratta la parola.
L’operazione non è semplice perché richiede che la parola subisca fasi di smontaggio, di assemblaggio e rimontaggio fino a che sia limpida, per un processo di purificazione che comporta una ri-nascita di un neo-logismo come equivalente di un neo-nato: soaltà, soàloghi, epifàtico, esterienza, neurostelle, agriverbo, sognagione, soàle, sacerspazio, astroparole, versiadi ecc…ecc…
Tutte sue creature qualcuna già adottata da Madre Lingua Italiana.
Stabilire quale sia il Vero tra Sogno e Realtà è cosa molto difficile, l’uno simula, l’altra inganna, ma comunque, sia nell’uno che nell’altra, una parte di Vero deve esserci e non può che essere quel tratto comune dove risiede la Verità, il tratto della Soaltà, dove non è detto ci sia un’eguale distribuzione di rappresentatività, dal momento che il Sogno ha in più dalla sua la possibilità del sogno da desti, ma dove comunque le parole tendono ad una profondità che è salita dalle impurità, ascensione come i fiori nati nel letame che fremono di raggiungere quell’altezza che è altitudine profumata.
Guglielmo Peralta è la dimostrazione vivente che non è vero che i filosofi sono i nemici dei poeti, come qualcuno ebbe a dire.
In lui queste due figure convivono abbracciate, Poesia e Filosofia, unite dallo stupore dello s-guardo, che è “Visione interiore” in un continuo scambio per tracimazione osmotica e a seconda del prevalere dell’una sull’altra, sempre in armonica condivisione, si ha, perché no?, il Poèsofo o il Filoèta, (mi perdonerà il mio Maestro neologista?)
Dietro le quinte dell’occhio sta la scena interiore, distesa visiva, cielo dove splende la luce dell’«est», unico luogo in cui il Sogno si concede a quello s-guardo che è attore, spettatore, autore e che opera quella unione di sogno e realtà da cui nasce, per seduzione, il Teatro della Soaltà, vero e proprio Tempio di “con-templ-azione” per lo s-guardo, teatro “naturalista” ma solo nel senso che offre “lo spettacolo di una natura personale, intima, creatrice”
Per imparare a sognare è necessario «essere» e l’est è quel verbo di luce che lo s-guardo dovrà “ascoltare” sulla scena interiore, ai fini del sogno.
L’esperienza dell’est diviene “esterienza”, punto di vista cardinale per lo s-guardo, rivelando sulla scena del mondo la Soaltà.
Per Guglielmo Peralta la Soaltà è la vera personificazione dell’Altro e dell’Altrove cui aspira la Poesia, partendo già dal confine del reale per proiettarsi all’esterno come proiezione della propria interiorità, una sorta di realtà come proiezione di uno stato d’animo affatto purificato in una assoluta aseità, mondato cioè da quelle impurità del falso vivere.
Misticismo, ascetismo, visionarietà sono gradini di un’ascesa ora contemplativa ora estatica grazie alla quale Guglielmo Peralta pone in un centro spirituale e religioso la sua visione poetico-filosofica del Mondo, nella sacralità illuminante della Bellezza e della Poesia.
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