giovedì 4 agosto 2016

IL MONDO, L'UNIVERSO E LE COSE



                                                            Anna Maria Bonfiglio

IL MONDO, L'UNIVERSO E LE COSE
Tre momenti essenziali nella poesia di Guglielmo Peralta
       

Nell'affrontare un discorso generale sulla poesia di Guglielmo Peralta e nel concedere ad una parte di essa la facoltà di emersione rispetto al tutto, ho avvertito l'esigenza di suddividere i testi in base ad un criterio che fa riferimento a tre momenti essenziali del suo percorso di poeta; tre momenti che nella loro successione raffigurano la ricerca formale e di contenuto che Peralta attua nel proposito di un cammino evolutivo teso non tanto alla perfezione, preclusa all'essere umano, quanto alla dimostrazione delle infinite possibilità della parola. Nell'avventura della poesia il Nostro dispiega tutti i propri importi personali: affettivi, culturali, psicologici, e non per cercare un approdo, un finale, ma per caricare di sé e del suo mondo la realtà oggettiva.
      Il primo di questi momenti, e lo pongo per primo non per un fatto cronologico ma per una questione di avvio al discorso, è quello relativo al "mondo": "Il mondo in disuso", per usare la definizione stessa del Peralta, ovvero, il titolo della sua prima raccolta. Già in questo titolo si riconosce l'estrema sintesi della metaforicità globale dei testi. Non essendo possibile, per ragioni ovvie, analizzarli tutti,  mi soffermo su quelli che ho ritenuto esplicativi rispetto al contesto. Intanto, aprendo il libro, ci viene incontro un disegno che mi ha suggerito la visione di tappeti volanti ed aquiloni. Traslando questa impressione visiva, ho pensato al volo. Mi è sembrato quindi di riconoscere la prima metafora della raccolta: il desiderio d'innalzarsi al di sopra della realtà; desiderio quanto mai comune se non fosse per la scelta dei mezzi usati per tentare questa verticalizzazione, che nel caso di Peralta sono le parole, ovvero, meglio, la Parola.
      Nel primo testo, "Il mare e l'uomo", troviamo una serie di allitterazioni: nella prima strofe viene ripetuto il suono della lettera «m», nella seconda quello della «s», nella terza quello della «n», nelle successive i tre suoni sono frammisti. Questo ci indica che c'è in Peralta la vocazione ad organizzare il testo poetico tenendo in gran conto la struttura formale. Il parallelismo mare-uomo, natura e natura umana, ci immette nell'area di un contrasto avvertito dall'autore come dissidio fondamentale che prelude alla lotta. Ritroviamo questa tensione sia nella poesia "Disperazione", nella quale è metaforizzata dalla pertinace volontà dell'albero a perpetuarsi nonostante le mutazioni, sia nella poesia "Autunno", nella quale viene simbolizzata, attraverso una foglia, la condizione di resistenza dell'uomo nei confronti dell'attesa escatologica. Questo primo momento, che ho considerato come frantumazione dell'io, mi pare trovi il suo punto massimo di espressione nella poesia che s'intitola, appunto, "Io". L'anafora delle prime tre strofe pone al centro del discorso poetico l'identità personale. L'autore opera quasi una vivisezione di sé stesso, indaga nella propria anatomia spirituale, operando una forma di disgregazione per attutire l'attrito con la realtà di un mondo che non è quello a lui congeniale.
      In questa prima silloge di Peralta riconosciamo l'iterazione dell'archetipo "mare", che un'interpretazione di carattere sommariamente psicoanalitico ci suggerisce di collegare al desiderio del ritorno nel grembo materno, quindi, se vogliamo, ad una fuga; e l'insistita ricorrenza di semi relativi a presenze e fenomeni della natura: alberi, foglie, cielo, vento, pioggia. Ciò c'induce a ricavarne questo messaggio: l'uomo e la natura, fronteggiandosi, pervengono ad una comunione.
      Il secondo nucleo poetico sul quale vorrei porre l'attenzione è quello relativo alla ricerca di un quid che travalichi la dimensione reale e prepari alla "rivelazione". In questo nucleo si pone fondamentale la coscienza dell'Universo, il desiderio di andare oltre le cognizioni raggiunte per tentare di guadagnare un' "oltreità" che dia luce, che rischiari un percorso segnato. Il "linguaggio del sole", la "soaltà", sono esigenze nuove che non possono essere subito comprese. È ancora la parola deputata a svelare, a trascendere, a dissodare la nuda terra dell'anima posta al centro di un cosmo che va indagato. La parola stessa è il Cosmo e il Cosmo si disvela nella Parola che infonde vita, che può segnare di altre verità l'uomo e le cose. "In volo di gabbiano", "Universo", "Soaltà", "La stagione infinita", "Volo" segnano un punto fondamentale nel cammino poetico di Peralta, un punto, comunque, di transizione, quasi un passaggio obbligato per pervenire ed accedere ad un'altra stagione, ad un "altro cielo". Nella ricerca va incluso infatti il tentativo di sperimentare altre forme per l'abitus della poesia.  Scorgiamo nel dettato poetico il segnale di un movimento interiore che si esteriorizza attraverso moduli d'impostazione visiva alternativi rispetto alla canonicità: la disposizione verticale delle parole, la creazione di neologismi, l'uso dell'enjambement, l'immissione di unità lessicali arcaiche o desuete, danno origine a quegli scarti dai quali non si può prescindere se si vuole volgere un pensiero in poesia.
      Al terzo momento va ascritta una fase che definisco epifanico-animistica: al poeta si rivelano "le cose". Un mondo, solo apparentemente inanimato, fiorisce di presenze multiple, silenziose, delle quali il poeta ricerca l'anima, alle quali parla e che fa parlare. Gli oggetti vivono con un respiro di umana consistenza, dalla loro materia si sprigiona lo spirito, impossibile realtà che la parola poetica invera. Chiamate a sostanziare la conoscenza, le cose, "les choses", come le definisce Peralta assumendo nel suo codice linguistico espressioni allargate rispetto al cifrario della sua lingua-madre, chiedono per voce del poeta il riscatto dall'oscurità muta a cui sono destinate.
      La nascita di questa nuova fase, di questo nuovo periodo nella storia della sua poesia, coincide e si manifesta non a caso con un modo nuovo, o se si vuole diverso, del Peralta di rapportarsi alla forma estetica. Il significato di cui l'autore si fa mittente si correla alla scelta dello stile. Egli adotta una forma composita, una lingua nella quale fluiscono espressioni esterofile, francesi, spagnole, a significare il desiderio del mondo inanimato di pervadere una dimensione non circoscritta, di espandersi oltre lo spazio materico per conquistare una voce che sia ascoltata da ogni punto, da ogni angolazione. La penna, l'orologio, il tappeto, realtà minimali nella consuetudine di un uso che ne fa
piccole necessità irrinunciabili appiattite e degradate dall'abitudine, si vestono di dignità nuova, si caricano di un potere occulto e stringono l'uomo nel loro cerchio.
      Nell'analisi dell'opera di un poeta non può essere trascurata la collocazione storica dello stesso. Il rapporto uomo-storia, storia-artista è imprescindibile. Il poeta, che avverte le tensioni e ne vive i drammi, trascrive la storia che passa attraverso il suo filtro. Egli è in ogni caso testimone del suo tempo. Nella poesia di Peralta è presente la magmatica essenza dell'uomo contemporaneo, in bilico fra due secoli, quello che lo ha visto nascere e formarsi e quello che s'annuncia nella prospettiva del suo futuro.  L'uomo-poeta Peralta ha fatto sua la lezione di chi lo ha preceduto, ma tende ad una nuova formulazione; l'esigenza della sua esistenza di uomo e di poeta è la ricerca della "rivelazione", la liberazione da ruoli costrittivi e la pulsione verso un Cosmo dove si ritrovino essenzialmente uniti uomo e natura, spirito e materia.
      
(Palermo 1987)

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