Anna Maria Bonfiglio
IL
MONDO, L'UNIVERSO E LE COSE
Tre
momenti essenziali nella poesia di Guglielmo Peralta
Nell'affrontare un discorso generale sulla poesia di
Guglielmo Peralta e nel concedere ad una parte di essa la facoltà di emersione
rispetto al tutto, ho avvertito l'esigenza di suddividere i testi in base ad un
criterio che fa riferimento a tre momenti essenziali del suo percorso di poeta;
tre momenti che nella loro successione raffigurano la ricerca formale e di
contenuto che Peralta attua nel proposito di un cammino evolutivo teso non
tanto alla perfezione, preclusa all'essere umano, quanto alla dimostrazione
delle infinite possibilità della parola. Nell'avventura della poesia il Nostro
dispiega tutti i propri importi personali: affettivi, culturali, psicologici, e
non per cercare un approdo, un finale, ma per caricare di sé e del suo mondo la
realtà oggettiva.
Il primo di questi momenti, e lo pongo per primo non per un fatto
cronologico ma per una questione di avvio al discorso, è quello relativo al
"mondo": "Il mondo in
disuso", per usare la definizione stessa del Peralta, ovvero, il
titolo della sua prima raccolta. Già in questo titolo si riconosce l'estrema
sintesi della metaforicità globale dei testi. Non essendo possibile, per
ragioni ovvie, analizzarli tutti, mi
soffermo su quelli che ho ritenuto esplicativi rispetto al contesto. Intanto,
aprendo il libro, ci viene incontro un disegno che mi ha suggerito la visione
di tappeti volanti ed aquiloni. Traslando questa impressione visiva, ho pensato
al volo. Mi è sembrato quindi di riconoscere la prima metafora della raccolta:
il desiderio d'innalzarsi al di sopra della realtà; desiderio quanto mai comune
se non fosse per la scelta dei mezzi usati per tentare questa
verticalizzazione, che nel caso di Peralta sono le parole, ovvero, meglio, la
Parola.
Nel primo testo, "Il mare e l'uomo", troviamo una serie di
allitterazioni: nella prima strofe viene ripetuto il suono della lettera «m»,
nella seconda quello della «s», nella terza quello della «n», nelle successive
i tre suoni sono frammisti. Questo ci indica che c'è in Peralta la vocazione ad
organizzare il testo poetico tenendo in gran conto la struttura formale. Il
parallelismo mare-uomo, natura e natura umana, ci immette nell'area di un
contrasto avvertito dall'autore come dissidio fondamentale che prelude alla
lotta. Ritroviamo questa tensione sia nella poesia "Disperazione",
nella quale è metaforizzata dalla pertinace volontà dell'albero a perpetuarsi
nonostante le mutazioni, sia nella poesia "Autunno", nella quale
viene simbolizzata, attraverso una foglia, la condizione di resistenza
dell'uomo nei confronti dell'attesa escatologica. Questo primo momento, che ho
considerato come frantumazione dell'io, mi pare trovi il suo punto massimo di
espressione nella poesia che s'intitola, appunto, "Io". L'anafora
delle prime tre strofe pone al centro del discorso poetico l'identità
personale. L'autore opera quasi una vivisezione di sé stesso, indaga nella
propria anatomia spirituale, operando una forma di disgregazione per attutire
l'attrito con la realtà di un mondo che non è quello a lui congeniale.
In questa prima silloge di Peralta riconosciamo l'iterazione
dell'archetipo "mare", che un'interpretazione di carattere
sommariamente psicoanalitico ci suggerisce di collegare al desiderio del
ritorno nel grembo materno, quindi, se vogliamo, ad una fuga; e l'insistita
ricorrenza di semi relativi a presenze e fenomeni della natura: alberi, foglie,
cielo, vento, pioggia. Ciò c'induce a ricavarne questo messaggio: l'uomo e la
natura, fronteggiandosi, pervengono ad una comunione.
Il secondo nucleo poetico sul quale vorrei porre l'attenzione è quello
relativo alla ricerca di un quid che
travalichi la dimensione reale e prepari alla "rivelazione". In
questo nucleo si pone fondamentale la coscienza dell'Universo, il desiderio di
andare oltre le cognizioni raggiunte per tentare di guadagnare un'
"oltreità" che dia luce, che rischiari un percorso segnato. Il
"linguaggio del sole", la "soaltà", sono esigenze nuove che
non possono essere subito comprese. È ancora la parola deputata a svelare, a
trascendere, a dissodare la nuda terra dell'anima posta al centro di un cosmo
che va indagato. La parola stessa è il Cosmo e il Cosmo si disvela nella Parola
che infonde vita, che può segnare di altre verità l'uomo e le cose. "In
volo di gabbiano", "Universo", "Soaltà", "La
stagione infinita", "Volo" segnano un punto fondamentale nel
cammino poetico di Peralta, un punto, comunque, di transizione, quasi un
passaggio obbligato per pervenire ed accedere ad un'altra stagione, ad un
"altro cielo". Nella ricerca va incluso infatti il tentativo di
sperimentare altre forme per l'abitus della
poesia. Scorgiamo nel dettato poetico il
segnale di un movimento interiore che si esteriorizza attraverso moduli
d'impostazione visiva alternativi rispetto alla canonicità: la disposizione
verticale delle parole, la creazione di neologismi, l'uso dell'enjambement,
l'immissione di unità lessicali arcaiche o desuete, danno origine a quegli
scarti dai quali non si può prescindere se si vuole volgere un pensiero in
poesia.
Al terzo momento va ascritta una
fase che definisco epifanico-animistica: al poeta si rivelano "le
cose". Un mondo, solo apparentemente inanimato, fiorisce di presenze
multiple, silenziose, delle quali il poeta ricerca l'anima, alle quali parla e
che fa parlare. Gli oggetti vivono con un respiro di umana consistenza, dalla
loro materia si sprigiona lo spirito, impossibile realtà che la parola poetica
invera. Chiamate a sostanziare la conoscenza, le cose, "les choses",
come le definisce Peralta assumendo nel suo codice linguistico espressioni
allargate rispetto al cifrario della sua lingua-madre, chiedono per voce del
poeta il riscatto dall'oscurità muta a cui sono destinate.
La nascita di questa nuova fase, di questo nuovo periodo nella storia
della sua poesia, coincide e si manifesta non a caso con un modo nuovo, o se si
vuole diverso, del Peralta di rapportarsi alla forma estetica. Il significato
di cui l'autore si fa mittente si correla alla scelta dello stile. Egli adotta
una forma composita, una lingua nella quale fluiscono espressioni esterofile,
francesi, spagnole, a significare il desiderio del mondo inanimato di pervadere
una dimensione non circoscritta, di espandersi oltre lo spazio materico per
conquistare una voce che sia ascoltata da ogni punto, da ogni angolazione. La
penna, l'orologio, il tappeto, realtà minimali nella consuetudine di un uso che
ne fa
piccole necessità irrinunciabili
appiattite e degradate dall'abitudine, si vestono di dignità nuova, si caricano
di un potere occulto e stringono l'uomo nel loro cerchio.
Nell'analisi dell'opera di un poeta non può essere trascurata la
collocazione storica dello stesso. Il rapporto uomo-storia, storia-artista è
imprescindibile. Il poeta, che avverte le tensioni e ne vive i drammi, trascrive
la storia che passa attraverso il suo filtro. Egli è in ogni caso testimone del
suo tempo. Nella poesia di Peralta è presente la magmatica essenza dell'uomo
contemporaneo, in bilico fra due secoli, quello che lo ha visto nascere e
formarsi e quello che s'annuncia nella prospettiva del suo futuro. L'uomo-poeta Peralta ha fatto sua la lezione
di chi lo ha preceduto, ma tende ad una nuova formulazione; l'esigenza della
sua esistenza di uomo e di poeta è la ricerca della "rivelazione", la
liberazione da ruoli costrittivi e la pulsione verso un Cosmo dove si ritrovino
essenzialmente uniti uomo e natura, spirito e materia.
(Palermo 1987)
Nessun commento:
Posta un commento