Dietro le quinte dell'occhio
di Guglielmo Peralta
La soaltà è terra vergine che molto promette al suo poeta contadino. È una realtà che include il sogno come possibilità della sua stessa esistenza, come sua parte costitutiva, mentre la realtà è tale in quanto lascia quel sogno fuori di sé.
Coltivare i “sogni” là dove sovrabbondano per estendere la loro
piantagione fuori nel mondo significa passare dall’innesto linguistico e
ideale alla metacognizione della visione interiore, dal neologismo alla nuova logica fondata sul principio di equivalenza, su quell’identità sogno-realtà da cui prende vita il canto sul quale deve innestarsi la ragione.
Coltivare i “sogni” significa assistere alla rappresentazione che si apre dietro le quinte dell’occhio lasciando così agire lo s-guardo nel cielo di soaltà dove sorge il canto che orienta l’azione.
Il poeta è il “visionario” che solleva il sipario dentro l’occhio del mondo e dà inizio alla sognagione.(1)
Egli è l’agricantore (2) che coltiva il canto affinché metta radici e fiorisca dentro la grande iride. Bisogna imparare a s o g n a r e. Bisogna essere spettattori del sogno affinchè esso diventi una rappresentazione permanente sulla scena del mondo.
Come spettatori, siamo i nuovi magi sulle tracce di soaltà. Essa viene allo s-guardo con le sue costellazioni e lascia brillare nel cielo la sua cometa.
Come attori, coltiviamo il suo seme di luce nel terreno del linguaggio affinché la parola s’innesti sull’astro e il mondo reciti alfine il suo canto.
Cantare è i l l u m i n a r e. È tradurre il mondo sulla “scena” di soaltà affinché, trasfigurato dalla luce del canto, sia, al tempo stesso, sogno che si concede alla percezione e realtà che ac-coglie in sé la visione. Su questa ribalta deve accendersi il sogno collettivo.
Poeta soale, poeta agricoltore, allora, è colui che coltivando il canto si fa cultura vivente e incarnando la spiritualità adegua la ragione alla Bellezza e agisce affinché attraverso la dimensione est-etica si realizzi l’elevazione etico-spirituale.
Questo “illuminismo” est-etico che vuole la ragione rinvigorita dalla luce del canto è la nuova anima del mondo, la grande anima della soaltà.
Ad essa volgano il passo i pellegrini del sogno e della luce.
Coltivare i “sogni” significa assistere alla rappresentazione che si apre dietro le quinte dell’occhio lasciando così agire lo s-guardo nel cielo di soaltà dove sorge il canto che orienta l’azione.
Il poeta è il “visionario” che solleva il sipario dentro l’occhio del mondo e dà inizio alla sognagione.(1)
Egli è l’agricantore (2) che coltiva il canto affinché metta radici e fiorisca dentro la grande iride. Bisogna imparare a s o g n a r e. Bisogna essere spettattori del sogno affinchè esso diventi una rappresentazione permanente sulla scena del mondo.
Come spettatori, siamo i nuovi magi sulle tracce di soaltà. Essa viene allo s-guardo con le sue costellazioni e lascia brillare nel cielo la sua cometa.
Come attori, coltiviamo il suo seme di luce nel terreno del linguaggio affinché la parola s’innesti sull’astro e il mondo reciti alfine il suo canto.
Cantare è i l l u m i n a r e. È tradurre il mondo sulla “scena” di soaltà affinché, trasfigurato dalla luce del canto, sia, al tempo stesso, sogno che si concede alla percezione e realtà che ac-coglie in sé la visione. Su questa ribalta deve accendersi il sogno collettivo.
Poeta soale, poeta agricoltore, allora, è colui che coltivando il canto si fa cultura vivente e incarnando la spiritualità adegua la ragione alla Bellezza e agisce affinché attraverso la dimensione est-etica si realizzi l’elevazione etico-spirituale.
Questo “illuminismo” est-etico che vuole la ragione rinvigorita dalla luce del canto è la nuova anima del mondo, la grande anima della soaltà.
Ad essa volgano il passo i pellegrini del sogno e della luce.
(1) piantagione o stagione dei sogni (neologismo dell'autore)
(2) poeta-contadino (neologismo dell'autore)
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