venerdì 16 gennaio 2015


 Come una freccia nell'universo
 di Beatrice Monroy


…Quello che mi ha molto colpito della poesia di Peralta è questa profondità immediata, lanciata come una freccia nell’universo. Mi ha fatto molto pensare a un testo orientale: il Ching, il libro dei mutamenti, un libro di filosofia orientale dove ci sono 66 segni e questi segni in realtà compiono un percorso di meditazione con delle frasi che non sono delle frasi ma sono degli haiku che vengono lanciati nella mente delle persone.
Mi sono sentita molto vicino leggendo la tua poesia. Ho avvertito che stava avvenendo qualcosa di straordinariamente profondo e che questo avvenimento così profondo, di fronte al quale io mi trovavo, era un avvenimento che mi metteva in contatto con l’universo.
Io penso sempre, da profana, che la poesia è la parola lanciata dentro il mondo poetico; è una parola che serve a chi non sa usarla per avvicinarsi alla sapienza dell’universo. La parola lanciata nella poesia attraverso la metrica, attraverso la sonorità e attraverso il senso profondo della parola stessa aiuta ad avvicinarsi alla sapienza del mondo, a una sapienza che non per forza bisogna coltivare attraverso la conoscenza profonda di testi, di testi scientifici, di testi letterari, ma c’è anche un’altra sapienza che è fatta dal fatto che siamo nell’universo e che siamo parte di questo universo. Questa cosa la dico fuori da qualsiasi tipo di credenza religiosa, proprio come essere che si sente dentro l’universo. Questo mi fa pensare, per esempio, questa poesia che si chiama: “Le parole ricche”…(segue lettura).
Io posso anche trovare, all’interno di questa poesia, un tempo che è infinito perché all’interno di questa infinitezza è come se mi mettessi dentro a un progetto meditativo del mio rapporto col mondo… (segue lettura della poesia: “Il cielo degli oggetti”)…
E’ come se mi avesse lasciato, questa poesia, carica di cose e poi mi avesse scaraventato all’interno della nascita e della luce e mi avesse lasciato aperta, come se tu avessi voluto strappare un velo e dentro questo velo io guardo e poi sta in me, lettore, andare avanti.
Io penso che questa sia una cosa importantissima da parte di chi scrive, in qualsiasi forma si scriva perché la scrittura deve aprire, deve squarciare dei sipari e deve porre infinite possibilità, non deve risolvere. Allora io sento che questa poesia, che questo onore che mi è stato fatto, come profana, di presentare una poesia così raffinata, aiuta a questo; cioè mi sono trovata, improvvisamente, davanti a dei testi che mi davano la possibilità di aprire dei veli e di guardare. Il destino, forse, sono delle gocce che cadono dall’universo su di noi in modo così, come capita; ci sono degli eventi, delle cose che bisogna sapere afferrare. Un poco, per me, questo libro è così; cioè è un evento, è una cosa che io ho avuto regalata; è una possibilità di un’esperienza come spesso sono i migliori romanzi, i migliori testi poetici. Mi è stata regalata la possibilità di fare un’esperienza, di aprire delle porte e di vivere. Per questo ringrazio Guglielmo Peralta di avermi invitato.
(presentazione della silloge poetica “Soaltà” a Villa Niscemi, 29 novembre 2001)

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