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Il sogno di una parola
di Guglielmo Peralta
di Guglielmo Peralta
Una parola, una sola parola viene, ad un tratto, a spalancarmi un mondo, un universo!
Evento sorprendente, miracoloso avvento annunciato dalla
parola nuova, generata dall’unione del sogno e della realtà: ieri antagonisti
irriducibili, oggi assolutamente compatibili, al punto che la realtà è l’altro
nome del sogno, e viceversa. Facce di una stessa medaglia, il sogno e la realtà
ne costituiscono la “terza” faccia: la soaltà. Ecco la parola sognata nella
quale essi sono strettamente congiunti!
In
principio è lo s-guardo. Sulla scena interiore, dietro le quinte dell’occhio,
lo s-guardo, unico attore e spettatore, dà inizio allo spettacolo. Con questo visionario resto a lungo in attesa della
rivelazione. E quando, per gradi, il sogno si dipana, l’artefice s-guardo, come
lo Sguardo divino, benedice la parola, sorgente di luce
inesauribile.
Soaltà
mostra allo s-guardo il suo cielo diradando l’"ignoranza" dell’occhio
e della mente. Così, senza divieto, cresce nel giardino soale l’albero della visione, e l’implume
conoscenza prende il volo sull’ali del sogno pantocratore. Ed ecco che la
parola nuova, informe nebulosa che in sé accoglie un universo, “esplode” con
suono grande e silenzioso manifestando uno spettacolo infinito: un’epifania che riempie di meraviglia il
cuore e la mente discoprendo la vera natura del mondo e delle cose. Una nuova visibilità muta lo scenario esteriore.
Un nuovo orizzonte si svela ed è «l’ est» che orienta lo s-guardo e ne
suscita la rappresentazione. La
soaltà, che si rivela nella luce dell’«est»,
è la nuova visione che ac-coglie il mondo nella sua unione di
sogno e realtà correggendo la conoscenza difettiva
che abbiamo di esso a causa dell’occhio, il quale, incapace di discernere il
sogno, dà carattere di evidenza a una realtà che il pensiero riflettente
giudica pura apparenza lasciando indovinare, al di là di essa, una realtà
altra. E questa realtà è il sogno che
edifica il mondo e ne garantisce l’esistenza reale. Soaltà è parola eponima che nomina il mondo interiore o
della soggettività. Essa colma una lacuna linguistica, perché ora questo mondo
ha un nome, al posto delle varie definizioni e aggettivazioni che di solito si usano
per indicarlo. Essa è anche parola epifanica,
perché svela la vera natura della realtà, nella quale coglie il sogno invisibile, che è il fondamento, il
principio, l'origine di tutte le cose, e fa della realtà stessa la
manifestazione oggettiva e concreta della realtà interiore cui dà il nome. Ed è
trina, perché oltre ad essere sogno e realtà è anche il mondo che
queste due nature costituiscono. Il sogno, questo
sogno, non accade, come nella dimensione onirica, in assenza della normale
attività della mente, ma in presenza della sua più alta funzione che è
l’immaginazione creatrice, e in virtù di una voce che chiama in segreto e alla quale non si può non dare
ascolto. Voce del silenzio luminoso,
che sospende il mondo e i nostri sensi e accende la notte chiarendone l'oscurità profonda. Notte sacra, che esige risposte
adeguate alle sue illuminazioni.
Rispondere è sapere ascoltare. Ed è un atto di devozione e una vocazione:
una brama di vedere ascoltando. Sublime è la visione suscitata dall’ascolto. Sublime è l’ascolto sostenuto dalla visione. Essere devoti e vocati alla notte
significa interpretare il mondo cogliendolo nella parola nuova, la quale lo
rivela nella sua forma originaria e invisibile.
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